Varroasi
L’acaro Varroa Destructor parassita le api in maniera aggressiva che le porta nel corso del tempo al collasso della famiglia, colpisce sia le api adulte che, sopratutto, la covata dove si riproduce in maniera esponenziale.
Tale patologia presenta una evoluzione lenta, vi è una prima fase senza manifestazioni visibili, una seconda con danni limitati , ed una terza di invasione massiva. nell’arco di alcuni anni le famiglie non curate per questo parassita arrivano a morte.
La varroasi rappresenta una delle tematiche maggiormente all’attenzione dell’apicoltura, sia per danni economici che è in grado di arrecare, sia per l’attività meccanico-traumatica, debilitante e stressante che esercita sulle api, predisponendole ad ammalarsi di altre malattie (es. peste americana, virosi).
Come dimensioni la Varroa destructor é facilmente osservabile ad occhio nudo. Le famiglie sono facilmente evidenziabili nel cassettino diagnostico delle arnie, sopratutto dopo i trattamenti antivarroa.
Notevole é il dimorfismo sessuale: i maschi sono di colore bianco grigiastro, più allungati e più piccoli rispetto alle femmine, mentre queste ultime sono larghe 1,7 mm e lunghe 1,3 mm; possiedonoun forma elissoidale appiattita, sono di colore bruno rossiccio ed hanno quattro paia di zampe; posseggono un apparato boccale pungente succhiante e si comportano da ectoparassiti sia spese della covata (con prelidizione di quella maschile), sia a spese degli adulti. I machi, invece , hanno vita molto breve. Essi muoino entro pochi giorni e non possono assumere cibo, in quanto le loro appendici boccali sono deputate esclusivamente al trasferimento delle spermatofore nelle vie genitali delle femmine.
Storia
E’ un acaro originario dell’Asia orientale, dove colpisce l’ apis indica, cioé l’ape di razza indiana , cui non arreca danni particolari. Venne scoperto a Giava all’inizio del secol. I primi focolai di varroa in Italia risalirono al 1981 nella regione Friuli Venezia Giulia, a causa del commercio che dello spostamento di alveari, senza le opportune precauzioni e le necessarie certificazioni sanitarie. Al giorno d’oggi la varroa è ubiquitaria in italia . E’ cioè presente in tutti gli apiari e va quindi tenuta sotto controllo mediante opportune terapie.
Ciclo biologico
Questo é sincronizzato con il ciclo delle api. Nei maschi di varroa la durata del ciclo é di circa di sette giorni, mentre per le femmine é di circa venti giorni (una decina sulle api adulte, più un’altra decina all’interno della covata). In una stagione attiva, una femmina di varroa, può compiere fino a dieci cicli riproduttivi.
Le varroe aggrediscono la covata poco prima dell’opercolatura delle celle (quando le larve hanno una settimana di vita) ed in queste depongono da due a cinque uova (ovali e di colore bianco) sulla larva o sulle pareti della cella. Dalle uova deposte, dopo 24 ore nascono nuovi parassiti che, con successive mute, arrivono alla maturità sessuale. Per la loro crescita questi individui si nutrono dell’emolinfa che suggono dal corpo dell’ape in via di sviluppo, provocandole spesso gravi ferite e lesiomi a carico degli organi interni, predisponendole ad infezioni batteriche o virali.
L’accoppiamento della varroa avviene all’interno della cella, prima dello sfarfallamento delle api parassitate (il momento riproduttivo avviene entro le celle opercolate). I maschi di varroa muoiono subito l’accoppiamento; le femmine invece, si fissano sul corpo dell’ape nel momento in cui l’ape rompe l’opercolo per “nascere”, fissandosi addosso nei punti in cui la cuticola è più sottile: tra il torace e l’addome, tra i diversi segmenti addominalie tra la testa ed il torace.
In presenza di covata, le varroe soggiornano (sempre sottraendo emolinfa per alimentarsi) da sei a quattordici giorni sulle api adulte. Entrano poi nella cella che sta per essere opercolata nel periodo invernale, quando vi é poca covata a disposizione, la femmina di varroa fecondata può svernare attacata all’ape adulta.
La vita della femmina della varroa varia in media da due mesi di estate, a cinque mesi in inverno. All’iterno dell’alveare le varroe sono assai mobili e si spostano da un punto all’altro della stessa ape, o da un’ape all’altra con estrema facilità. Fuori dall’alveare la varroa può vivere fino a cinque giorni, purchè si trovi in un ambiente favorele.
Sintomatologia
Durante i primi due tre anni, questa malattia rimane subdola, senza sintomi evidenti. Si inizieranno quindi a notare fuchi ed operaie con le deformi, raggruppamenti di api piccole ed irrequiete incapaci di volare sul predellino, un aumento della mortalità nella covata, un indebolimento della famiglia ormai noncurante della raccolta e dell’immagazzimento delle provviste, malformazioni delle pupe e delle api giovani, mortalità anormale degli adulti , fenomeni di sciamatura. Infine, la durata media della vita delle api fortemente parassitate, diminuisce sempre di un valore che va dal venticinque al cinquanta per cento. E’ bene sottolineare che l’azione della varroa consiste non solo nel suggere l’emolinfa dell’ape adulta o della larva, ma anche nel colpire direttamente determinati apparati. le malformazioni alari, per esempio, non sono solo conseguenza del contatto tra parassita e pupa, ma anche l’effetto del decifit di nutrienti causato dall’acaro quando si alimentadi emolinfa.
Possiamo avere infine la contemporanea presenza di altre malattie in quanto l’acaro può essere vettore di agenti patogeni con diversa natura eziologica: funghi, batteri e virus.
Trasmissione
La malattia si trasmette molto facilmente, da ape sana ad ape infestata, mediante il contatto diretto; ad esempio durante la visita ad un fiore, tramite i fuchi che hanno libero accesso nei diversi alveari, oppure come conseguenza di un saccheggio, ecc.
Al tempo stesso la trasmissione può essere mediata dall’intervento dell’apicoltore che, più o meno incosciamente, può trasportare il parassita nel corso delle routinarie pratiche apistiche; ad esempio nell’esecuzione del nomadismo, o nel ritardare il trattamento estivo antivarroa, ecc.
Profilassi
La profilassi diretta contro la varroa prevede la messa in pratica di una serie di accorgimenti da parte dell’apicoltore, quali: ridurre le aperture alle arnie nei periodi in cui possono verificarsi dei saccheggi; evitare di spostare le arnie per fare si che le api, tornando dalla raccolta, non sbagliano ingresso; eliminare le colonie con prevalente o totale covata maschile (“colonie fucaiole”); eliminare le colonie deboli; tenere gli alveari sollevati da terra almeno cinquanta centimetri per evitare il ritorno nell’alveare delle api colpite (e quindipiù deboli); distruggere le api morte presenti sul fondo degli alveari trattati, come pure quelle presenti sul terreno sottostante alle arnie.
Trattamenti terapeutici
Non esistono attualmente metodi in grado di eliminare del tutto il parassita, per cui i trattamenti terapeutici potranno solamente contenere il numero degli acari presenti nell’alveare. L’apicoltore deve imparare a convivere con la varroa, puntando a ridurre l’entità del parassitosi, al fine di poter salvare la colonia.
I trattamenti vanno effettuati nel periodo autunnale (es. trattamento con acido ossalico) e nel periodo estivo, subito dopo l’asportazione dei melari (es. trattamento con oli essenziali).
E’ fondamentale non effettuare i trattamenti in presenza di melario ed é bene sospendere tali trattamenti almeno quindici giorni prima della posa dei melari nel caso venissero eseguiti al di fuori dei suddetti periodi.
Si suggerisce quindi di effetuare due trattamenti: uno in autunno (“intervento autunnale”) finalizzato a ridurre notevolmente, quasi azzerando, il livello d’infestazione da varroa, grazie in assenza di covata; é auspicabile che questo primo trattamento comporti al massimo la sopravvivenza di poche decine di acari. Per questo trattamento si suggerisce l’impiego di acido ossalico sgocciolato (5 ml per ogni favo). Il secondo trattamento estivo (“trattamento estivo”) é finalizzato, invece, ad abattere la crescita della popolazione dei parassiti che a fine estate é massima; si suggerisce, per questo secondo trattamento, l’uso di oli essenziali (Api-Life Var).
Un aspetto determinante per l’efficacia dei trattamenti é il coordinamento a livello territoriale. L’azione contemporanea dei trattamenti serve infatti ad evitare che gli interventi terapeutici vengano vanificati, oltre che dal fenomeno della reinfestazione, anche quello della farmacoresistenza. la reinfestazione é un fenomeno che avviene sopratutto a fine estate e consiste nella reinfestazione, appunto, da varroa di un alveare o di un apiario già disinfestato quando si trova vicino ad apiari con focolai di varroa. Gli alveari o gli apiari già trattati, infatti, in poco tempo rischiano di venire nuovamente ricolonizzati dal parassita. La reinfestazione é un fenomeno che può intervenire più facilmente a fine estate, quando il numero di varroe é più elevato.
La strategia ideale é quindi coordinarsi tra apicoltori di una stessa zona in maniera tale da:
- limitare la presenza, nell’ambito dello stesso territorio, di colonie disinfestate e di colonie non ancora trattate;
- prevedere trattamenti contemporanei (magari coordinati dalle Associazioni Apicoltori o dai Servizi Veterinari delle Aziende ASL) trale diverse aziende apistiche di un medesimo territorio;
- realizzare una alternanza dei principi attivi impiegati.
L’impiego di farmaci a “forte impatto ambientale” (diversi da quelli consigliati in questa sessione) può comportare il rischio di persistenza di residui nel miele, di mortalità nelle famiglie, sino all’insorgenza di ceppi resistenti dell’acaro.
Tutti i prodotti antivarroa devono essere manipolati con estrema prudenza; inoltre i trattamenti devono essere eseguiti in assenza di melario.
Trattamento “autonnale” acido ossalico.
L’acido ossalico é un prodotto economico ed efficacie; si prepara seguendo la formulazione ben precisa: 1 litro di acqua distillata, 1 kg di zucchero, 100 g di acido ossalico diidrato. Si ottengono così circa 1,6 litri di soluzione sufficienti a trattaare circa 40-50 famiglie su 10 favi. La suddetta soluzione verrà quindi sgocciolata tra il 15 ottobre ed il 15 novembre sulle famiglie, in ragione di 5 ml per favo coperto dalle api. Andranno bagnati le api situate negli spazi interfavo. Il trattamento autunnale é molto importante in quanto viene effettuato in un periodo in cui vi é poca covata e quindi la varroa non ha molte possibilità di sfuggire alla terapia. se la caduta di varroa é superiore a 200 parassiti ripetere il trattamento dopo 15 giorni. Prima di veder cadere le varroe devono passare 48-72 ore. Evitare sovradosaggi.
Non effettuare il trattamento se la temperatura esterna é inferiore agli 8°C.
Trattamento “tampone”:
tavolette evaporanti a base di timolo, eucaliptolo (API life VAR). Si tratta di tavolette evaporanti che contengono il 75% di timolo, il 15% di eucaliptolo e il 4% di mentolo. Una volta che tali tavolette vengono immesse nell’alveare, le sostanze in esse contenute evaporano lentamente. Il parassita viene stordito dalle esalazioni emanate dalle tavolette e, staccandosi dall’ape, cade sul fondo dell’alvare, dove troverà per lui appositamenre installato un cassettino estraibile contenente vasellina o grasso (preventivamente spalmata per impedire la risalita dell’acaro in un secondo momento) o un foglio adesivo.
Le tavolette devono essere impiegate in assenza di melario, verso la fine di agosto i primi di settembre, quando le temperature sono ancora alte per favorire l’evaporazione del prodotto.